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Più volte mi è accaduto di chiamare pitture i lavori del fotografo partenopeo Arnaldo Taddei. I temi scelti e le meravigliose variazioni dei colori emergenti da un misterioso fondo bruno mostrano (e sono la ragione dei miei lapsus) che egli porta in sè la grande tradizione pittorica napoletana: dai ritratti e dalle nature morte del Seicento, alle opere della Scuola di Posillipo, icui maestri andavano anche dalla fotografia alla pittura, mentre Taddei, quasi rivaleggiando, và dalla pittura ad una prodigiosa fotografia del nostro tempo. Sembianze e paesaggi chiusi in forme ovali ricordano certe eleganze sapientemente malinconiche di Domenico Morelli e dei fratelli Palizzi. Ma col mondo vesuviano, ArnaldoTaddei porta, anche, il sentimento del fotografo che a Napoli, già capitale e meta di un regno, amava compiere per le strade riti ed esorcismi. La sua arte continua l'orgoglioso documentare della camera oscura l'itinerante giuoco di prestigio e d'incantesimo. La consuetudine della nostalgia rende persuasiva ed originale anche una veduta danese, quel variopinto Nyhavn il bellissimo porto nuovo della vecchia Copenaghen, dove Andersen è vissuto, passando qui, dalla pennellata verticale di una casa all'altra. Qualunque cosa dipinga, Taddei affida alla tenerezza dello sguardo le sue intense canzoni napoletane.

marchietto-ganciProf. Gaetano Gangi
Direttore Istituto Italiano Cultura Copenaghen (DK)

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